Il suo nome è Cristopher Bryan Moneymaker. E con un cognome così non poteva che scrivere la storia. Precisamente la storia del poker. E se siete appassionati o vi state avvicinando adesso a questo mondo non potete non conoscere la sua storia.
Per Tullio De Mauro, linguista e storico della lingua italiana recentemente scomparso, “Moneymaker” è un attronimo, ovvero un nome di persona che si trova in perfetta relazione con il lavoro svolto dalla persona stessa. Americano, nato il 21 novembre del 1985 ad Atlanta, in Georgia. Un’infanzia tranquilla, gli studi presso la Farragut High School, un master universitario in contabilità alla University of Tennessee, dove era membro della confraternita “Pi Kappa Phi”.
L’anno della svolta è il 2003. Quando cambia il corso della storia del poker e, ovviamente, la vita di Cristopher. Un trionfo epocale, globale, incredibile, che ha dato vita all’ormai famigerato “Effetto Moneymaker”. Con un torneo che ha dato inizio al periodo di massima popolarità del gioco del poker a livello planetario. Gli appassionati di tutto il mondo infatti hanno inseguito la sua stella, la sua impresa: partecipare a ricchissimi eventi di caratura internazionale qualificandosi con pochissimi soldi.
Facciamo un passo indietro però, torniamo a 15 anni fa, quando Moneymaker lavora come contabile nel suo stato e, come tanti, decide di tentare la fortuna. Gioca un torneo satellite online, da 86 dollari, che lo avrebbe portato a sedersi al tavolo del più importante live del mondo: il Main Event da 10.000 dollari di buy-in della Word Series of Poker. Si tratta del torneo più prestigioso del pianeta, fondato nel 1970 e disputato a Las Vegas. Ogni anno, da maggio a novembre, centinaia di giocatori da tutto il mondo si sfidano con vari livelli di quota d’iscrizione, dai 500 ai 50.000 dollari.
Moneymaker, giocatore per caso, si ritrovò a sfidare i più forti giocatori del momento. Era solamente un puntino, un granello di sabbia, un semplice nome in mezzo ad altri 839 partecipanti. E arrivò fino in fondo. Si conquistò la sua gloria eterna, con alcune mani che sarebbero entrate nella leggenda.
A ridosso del tavolo finale, davanti a Moneymaker si presentò un campione dal nome Phil Ivey. Cristopher non fece un passo indietro e con un full di donne contro full di nove mandò a casa il pluridecorato. In mano Moneymaker aveva A-Q e chiamò l’all-in avversario al turn su un board Q-6-Q-9. Poi un clamoroso asso al river ribaltò la situazione, spedendo Ivey al decimo posto. Fino alla cavalcata finale contro Sam Farha, superato il quale, il contabile americano riuscì a trasformare poche decine di dollari in 2 milioni e mezzo.
Dopo il 2003 la vita di Moneymaker non è stata più la stessa. È entrato a far parte di uno dei team delle più importanti poker room del mercato, ha iniziato a giocare tornei live in giro per il mondo (senza mai ripetere l’impresa), ha pubblicato la sua autobiografia, dal titolo: “Moneymaker: how an amateur poker player turned $ 40 into $ 2,5 million at the World Series of Poker”.
Ma soprattutto è l’artefice del “poker boom”. Una crescita clamorosa di iscritti e appassionati. Dove tutti potevano crederci, potevano riuscirci, potevano arrivare fino in fondo. L’aveva dimostrato un contabile americano, venuto dal nulla e finito nella storia.