In arrivo la nuova frontiera della “comunicazione chimica”

In futuro potrebbe essere possibile comunicare servendosi non solo delle consuete reti di comunicazione, ma anche ricorrendo alla chimica: uno studio portato avanti da un team della Stanford University (California) ha infatti ottenuto degli interessanti risultati utilizzando del comune aceto e del sapone, sfruttandone le proprietà. Tra le possibili applicazioni di questa scoperta, ancora in fase embrionale, ci potrebbero essere quelle nel campo della medicina e della comunicazione sott’acqua.

La frontiera della “comunicazione chimica”

Sono dei semplici prodotti chimici di uso quotidiano il cosiddetto “motore” del sistema messo a punto da alcuni ricercatori dell’Università di Stanford, all’interno della quale da tempo si studiano dei metodi di comunicazione alternativa a quelli di cui ci serviamo attualmente. Utilizzando solamente sapone e aceto, il team californiano ha messo appunto un dispositivo capace di inviare degli elementari messaggi di testo: il principio su cui questa rudimentale “macchina” si basa è molto simile a quello degli odierni mezzi di comunicazione, vale a dire un codice binario che sfrutta alcune delle caratteristiche chimiche acide (nel caso dell’aceto) e basiche (per quanto riguarda i saponi e i detergenti) dei succitati prodotti.

I risultati della ricerca

Messaggio in acquaIl fulcro dell’esperimento consisteva nell’inviare un messaggio di testo, alla stregua di un sms, da un computer a un dispositivo creato “ad hoc” e capace di creare dei segnali binari, ovvero codificati in una serie di “zero” e di “uno”, e corrispondenti allo stato basico o acido della sostanza. Questi segnali venivano poi reindirizzati, tramite un tubo, a un contenitore dotato di un misuratore del pH (la scala che valuta l’acidità o la basicità di una soluzione) che, a sua volta, li trasmetteva a un altro computer sotto forma di impulso binario da decodificare in forma testuale. Lo studio, coordinato dalla dottoressa Andrea Goldsmith, ha avuto successo grazie al ricorso a sostanze molto semplici e ovviando alle numerose interferenze che intercorrono durante la “comunicazione chimica”. Le applicazioni di questa intuizione, ancora in fase sperimentale, potrebbero essere molteplici: basti pensare alla possibilità di inviare messaggi in ambienti “impermeabili”, come ad esempio sott’acqua, ma anche a quella di venire in aiuto della medicina e delle nanotecnologie applicate all’analisi del corpo umano.

Autore dell'articolo: bwgroupit